Un’ombra, l’ennesima, sul Monte di Paschi arriva dall’Osservatorio fiscale europeo (Eu Tax Observatory), centro di ricerca indipendente che ha svolto un’indagine sui profitti, circa 20 miliardi di euro, delle principali banche europee negli ultimi sette anni (dal 2014 al 2020) grazie ai paradisi fiscali. Nell’elenco figurano anche Intesa San Paolo e Mps: l’istituto senese si trova al secondo posto per utili pre-tasse (dietro Hsbc) e addirittura al primo considerando la crescita negli ultimi anni, con quasi la metà (49,8%) di profitti ottenuti tra il 2018 e il 2020 (+19,6% rispetto al biennio 2014-16), anche se il dato, sottolinea Ilfattoquotidiano.it, è “influenzato dal fatto che nel 2019 e 2020 l’istituto senese ha registrato ingenti perdite e il rapporto non tiene in considerazione gli anni di rosso”.
Per Banca Mps la ricerca non rappresenta correttamente la realtà perché “basata su informazioni incomplete. Sono in corso contatti con EU Tax Observatory per chiarire la situazione. Presumibilmente, tra le altre cose, è stato considerato solo l’utile registrato in Lussemburgo nel 2018 senza tener conto della perdita di analogo importo riportata nel medesimo paese nel corso del 2017. Una lettura disgiunta dell’utile 2018 dalla perdita 2017 è impropria essendo risultati collegati tra loro ed entrambi connessi all’esecuzione del burden sharing degli strumenti subordinati, nel contesto della ricapitalizzazione precauzionale completata nel 2017”.
L’Osservatorio fiscale europeo presenterà il suo report domani 8 settembre in una conferenza online dal titolo “Banche europee nei paradisi fiscali: prova e contromisure”. Quello che evince dall’indagine è che con l’aliquota minima globale del 15% proposta durante gli ultimi G7 e G20 si potrebbe recuperare dagli istituti bancari europei tra i 3 e i 5 miliardi di euro l’anno.