Come si può raccontare il Palio senza snaturarlo o ridurlo a mera corsa di cavalli? Quali sono le giuste immagini e soprattutto si può limitare la libertà di espressione? Sono domande che ritornano d’attualità ogni qualvolta viene riealizzato un film dedicato al Palio. Cristiana Mastacchi ne ha parlato stamani nel corso della trasmissione I mattinieri, insieme a Paolo Leoncini, ad del consorzio per la tutela del Palio e al professor Duccio Balestracci che ha fornito un giudizio antropologico sulla questione. L’argomento prende spunto dal film documentario realizzato dalla regista americana Cosima Spender e presentato a New York al Tribeca film festival. Un film che in un lancio Ansa si dice descriva “un ambiente ‘macchiato’ da corruzione e corse apparentemente ‘aggiustate’, che minacciano di far sparire la passione per la competizione sportiva in sé”. Descrizione inappropriata secondo Leoncini. “Non è così, il prodotto è bello, rispettoso della Festa, il lancio di agenzia è sbagliato, ha raccontato il film nella maniera più sconclusionata possibile”. “La cosa più difficile da capire per chi non è senese – ha detto Balestracci – è che nei giorni del palio noi abbiamo un rapporto con il vissuto ed un’emotività un po’ diversa da quella degli altri. Per esempio il contradaiolo che è un po’ alticcio, canta e fa confusione in contrada, cosa del tutto normale, tolto da questo contesto psicologico ed emotivo nel quale tutti noi siamo immersi nei giorni del palio, diventa agli occhi di chi non sa quello che c’è dietro un volgare “briaco”, per dirla alla senese. Per cui, secondo me, nessuna censura ma molto controllo, deve essere la richiesta a chi vuole raccontare questa nostra ‘cosa’ particolare che è il Palio”.
“Nessuna censura ma molto controllo per raccontare il palio”
26 Maggio 2015
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