Il territorio di Chiusi ha restituito un altro tesoro. E’ stata infatti scoperta nei giorni scorsi una nuova tomba etrusca, non lontano dalle rinomate tombe della Scimmia, del Leone e della Pellegrina, sulla strada che da Chiusi porta verso il lago. Si tratta di una tomba a camera, risalente quasi sicuramente agli inizi del V secolo a.C.
“E’ una scoperta di alto valore scientifico – ha detto ai microfoni di Antenna Radio Esse il sindaco Juri Bettolini -, perchè, dai primi studi fatti, non sembra una tomba conosciuta dalla letteratura. Non ci si aspettava di trovare questa particolarità nell’area in questione. C’è ancora 1 metro e mezzo di terreno interno da scavare per arrivare alla quota pavimento e non è escluso che i lavori ci riservino altre sorprese”.
La collina di Poggio Renzo, posta a circa 1,5 Km a NW dal moderno abitato di Chiusi, fa parte di una serie di modeste alture costituite da sabbie e conglomerati pleistocenici che si innalzano nell’area compresa fra il capoluogo e il lago, unendosi ad occidente con le propaggini dell’altura detta “Il Monte”.
Come è noto, la località fu sede di una delle più importanti necropoli urbane, utilizzata senza soluzione di continuità dalla prima età del Ferro fino ad epoca romana.
Nella edizione del 1848 della sua celebre guida “The Cities and Cemeteries of Etruria”, George Dennis menziona, forse per la prima volta, la c.d. Tomba dell’Iscrizione, rinvenuta, verosimilmente, nel corso degli scavi eseguiti nei terreni di proprietà da Pietro Bonci Casuccini negli anni Trenta dello stesso secolo. L’ipogeo è stato oggetto di un nuovo intervento di scavo nel 1997, a cui ha partecipato il Gruppo Archeologico nell’ambito dei lavori del progetto PAUTAC (Parco Archeologico Urbano, Territoriale e Ambientale di Chiusi), durante il quale è stato recuperato materiale complessivamente databile tra la metà del VI e il primo quarto del V secolo a.C.
Sempre negli anni attorno alla metà dell’800 la necropoli di Poggio Renzo venne intensamente esplorata da Alessandro François, cui si deve il rinvenimento di alcuni ipogei dipinti di età tardo arcaica, tra cui la celebre Tomba della Scimmia, scoperta, già violata, il 14 febbraio del 1846 e riaperta al pubblico nel 2000 grazie a lavori di restauro finanziati dalla Banca Valdichiana. Poco dopo la Società Colombaria di Firenze promosse nella zona una serie di scavi che riportarono in luce una notevole quantità di oggetti in bucchero provenienti da una dozzina di tombe, mentre altre furono trovate già depredate. L’indagine della necropoli continuò negli anni successivi con la scoperta, intorno al 1870, di alcune tombe a pozzetto della prima età del Ferro, poste presso la cima del colle e di tombe a ziro disseminate, un po’ ovunque, sui suoi versanti.
Qualche anno dopo venne rintracciata, ad oriente di quella della Scimmia, una tomba di età orientalizzante caratterizzata, oltre che da animali reali e fantastici dipinti sulle pareti, da una camera divisa in due ambienti da una struttura a tramezzo. Sul finire degli anni venti del XIX secolo, in occasione della apertura della strada, Doro Levi rinvenne numerose tombe già depredate, tra cui quella dipinta del Leone, nota dalla seconda metà dell’Ottocento, e aprì poco dopo la vicina Tomba della Pellegrina (1928). Nel corso dei lavori di sterro per la realizzazione di un piazzale antistante l’ingresso della Tomba del Leone, nel gennaio del 1960, vennero casualmente in luce i resti di una piccola tomba a ziro del secondo quarto del VII secolo a.C. ed alcune oreficerie pertinenti ad un’altra tomba distrutta, cronologicamente inquadrabili tra la fine del IV e gli inizi del III secolo a.C. Nell’aprile del 1968 i lavori di ampliamento della carreggiata stradale della “Passeggiata Archeologica” raggiunsero la zona di Poggio Renzo e, a circa 150 m in direzione N dalla Tomba della Scimmia, vennero individuate tracce di strutture archeologiche già segnalate nel 1931 dal Levi. Ebbe così inizio una campagna di scavo condotta da Clelia Laviosa tra il 10 aprile e il 14 maggio 1968, che restituì una tomba a ziro di VII secolo a.C. e tre tombe a camera del VI secolo a.C. Furono recuperati inoltre numerosi frammenti d’impasto decorati dell’età del Ferro, frutto della devastazione delle soprastanti sepolture a pozzetto.
Infine, nel 1995, pochi metri a S della Tomba della Scimmia, durante i lavori eseguiti sulla cunetta della strada, a seguito di una piccola frana, venne in luce una tomba a camera con cinque nicchiotti nel dromos, già depredata. L’ipogeo, ascrivibile al II secolo a.C., faceva parte di una necropoli di epoca ellenistica che si sviluppava tra le grandi tombe dipinte di età tardo-arcaica che si aprivano sullo stesso versante.
LE ULTIME SCOPERTE
30 gennaio 2016: una ricognizione aerea del Gruppo Archeologico Città di Chiusi, attivo sul territorio dalla metà degli anni Settanta del secolo scorso in stretta sinergia con la Soprintendenza Archeologia della Toscana, fa scattare una serie di accertamenti.
Il volo del pilota Roberto Rocchi, insieme ad alcuni esponenti del gruppo, aveva consentito di segnalare alla Soprintendenza e ai locali Carabinieri una cavità che si apriva nel terreno in località Poggio Renzo.
La Soprintendenza insieme ai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Firenze e alla Stazione dei Carabinieri di Chiusi procedeva ad un primo sopralluogo nell’area indicata al fine di accertare la natura del rinvenimento.
Arrivati sul posto, in proprietà privata, appariva sul terreno una profonda cavità circolare.
La cavità, di circa tre metri di diametro e quasi altrettanti di profondità, sembrava ricavata nel conglomerato a grossi ciottoli che si alterna a strati di arenaria e costituisce la collina di Poggio Renzo.
La cavità presentava segni di recenti manomissioni e forte era il rischio di ulteriori scavi clandestini così da consigliare di procedere immediatamente con la sorveglianza del luogo e gli accertamenti necessari.
Sopralluoghi sul posto e riunioni con il Comune di Chiusi e il Gruppo Archeologico consentivano di organizzare una squadra di intervento per procedere con una prima ripulitura della cavità.
La prima impressione, di essere in presenza di una frana con caduta di terreno all’interno di una camera sotterranea, veniva smentita dalla ripulitura della cavità che appariva piuttosto come un pozzo realizzato artificialmente tagliando gli strati della collina.
Il 21 febbraio finalmente la certezza.
Siamo in presenza di una sepoltura etrusca, riempita parzialmente di terreno e con alcune porzioni di una delle camere franate in tempi non recenti.
E’ probabile che chi ha scavato il pozzo circolare abbia intercettato il dromos, cioè il corridoio di accesso della tomba a camera, corridoio che sembrerebbe ancora tutto da indagare e non oggetto di scavi clandestini.
Difficile dire invece quanto la sepoltura etrusca sia intatta, anche a seguito del parziale riempimento delle camere.
Al momento si può affermare che si tratta di tomba a camera, verosimilmente con due ambienti separati da un atrio centrale, con traccia di pittura rossa a incorniciare per lo meno la porta di accesso ad una delle celle laterali.
Tipologia e caratteri costruttivi ci consentono di affermare che siamo in presenza di una sepoltura databile quasi sicuramente agli inizi del V secolo a.C. quando Chiusi è interessata, a partire dall’epoca di Porsenna, dal fenomeno delle tombe a camera dipinte, analogamente a quanto meglio documentato per alcuni centri dell’Etruria meridionale.
Il rinvenimento è di notevole interesse perché consente di tornare ad indagare una delle necropoli più importanti d Chiusi, con le metodologie stratigrafiche e le nuove tecnologie che i tempi consentono.
Inoltre nessuna delle planimetrie ad oggi note dell’area riporta la segnalazione della tomba, che pur ammettendo possa essere stata visitata in antico, non corrisponde nella ubicazione e nella descrizione ad alcuna delle emergenze archeologiche note.
A tutti i soggetti coinvolti a vario titolo nell’indagine spetta ora un compito complesso ma estremamente affascinante: ricerche d’archivio per rintracciare eventuali antiche segnalazioni della sepoltura, un lungo lavoro di indagine archeologica per definire nel dettaglio tutti gli aspetti del rinvenimento, il presidio e la protezione della struttura, il suo restauro e forse anche la valorizzazione in un percorso di visita, a fianco delle altre camere ipogee già aperte al pubblico.